Gabriele da Prata Avvocato delle chiese di Concordia e Ceneda

Da Conti e principi di Porcia e Brugnera.

Gabriele da Prata Avvocato delle chiese di Concordia e Ceneda

Stemma a Prata

Anche per i Porcia, come per molte famiglie nobili del Friuli, le origini sono incerte. I primi documenti sicuri risalgono al XII secolo. Quello che viene considerato il ‘capostipite’, Gabriele da Prata, appare, infatti, nel 1112 e nel 1140 quale avvocato della Chiesa di Concordia. Questo ufficio, che la famiglia esercitava anche per la Chiesa di Ceneda (attuale Diocesi di Vittorio Veneto) è «un segno della nobiltà eletta da cui provenivano, poiché come il titolo di conte era proprio esclusivamente delle famiglie che avevano governato città e castella nell’epoca imperiale, l’avvocatura di chiese insigni si concedeva a feudatari illustri [1]».

La carica di avvocati o avvogadri, come venivano in quel tempo chiamati i difensori delle chiese, veniva conferita dai vescovi «ad uomini autorevoli e potenti», i quali, nei territori dipendenti dall’ente ecclesiastico, amministravano l’alta giustizia, vi mantenevano la pace, proteggevano i commerci, comandavano le forze militari e, se necessario, difendevano con la forza i diritti delle chiese. L’ufficio, una volta che qualcuno ne fosse stato investito, «passava come ereditario retaggio dei suoi sostenitori [2]».

I rapporti tra vescovi e avvocati non andavano sempre tranquilli: spesso succedevano conflitti, come quello capitato tra il Conte di Gorizia e il patriarca di Aquileia: questo perché «gli avvocati, in luogo di esercitare fedelmente la loro missione protettrice, cercavano molto spesso di soppiantare gli alti prelati nelle loro attribuzioni principesche e costoro, per difendersi, mirarono soprattutto a costituire un’organizzazione giudiziaria indipendente dall’avvocato e a togliergli la direzione delle forze militari [3]». Non è che uno dei tanti contrasti per la supremazia politica degli uni sugli altri che hanno contraddistinto l’epoca.

Così i da Prata e Porcia risultavano avvocati delle Chiese di Concordia e di Ceneda, allo stesso modo che i conti di Gorizia lo erano del Patriarcato di Aquileia. Siccome, allora, lo svolgimento di determinate funzioni significava la potenza raggiunta, ai signori di Prata e Porcia era concesso, subito dopo quelli di Gorizia, ma a nessun altro castellano della Marca del Friuli, l'onore del vessillo (cum vexillo rubeo, cum bandiera bona).

Nel memoriale del Patriarcato «Thesaurus Ecclesiae aquileiensis» (p. 402), che fu compilato nel XIV secolo da Odorico Andrea da Udine, ordinando e descrivendo i beni della Chiesa di Aquileia, si accenna anche ai: «Nobiles de Prata et Porcileis comites vocantur et liberi».

«Il titolo di comes che, appoggiato al nome, appare per la prima volta in un documento del 15 luglio 1314 [4] si riferiva alle antiche investiture patriarcali dei feudi di Prata, Porcia e Brugnera che venivano conferite cum comitatu [5].

La più antica di queste, pervenuta sino a noi, porta la data del 5 settembre 1188 e l'intestatario ne è Guecello di Prata, figlio del capostipite Gabriele».

L'attributo di liberi come si spiega? «Era dovuto a quei nobili che erano stati immessi nel beneficio anteriormente al potere temporale dei patriarchi nella Marca friulana (1077). Perciò, se politicamente essi dovevano ubbidire al Patriarca, non erano tenuti, invece, al servizio per il beneficio stesso, ossia al ministero [5]».

Note

  1. Antonio De Pellegrini nel libro: ‘Gente d’arme della Repubblica di Venezia. I condottieri Porcia e Brugnera (1495-1797)’, p. 62
  2. Enea Saverio di Porcia degli Obizzi: ‘I primi da Prata e Porcia (1164-1335)’, p. 25
  3. Pier Silverio Leicht: «Breve storia del Friuli», pp. 107-8
  4. Giuseppe Valentinelli: ‘Diplomatarium Portusnaonense’, p.33
  5. 5,0 5,1 Enrico Del Torso: ‘Cenno storico sui conti e principi di Porcia e Brugnera’, p. 10